Il mese scorso ho parlato del Fondo Caramuel dell’Archivio Storico della Diocesi di Vigevano. A dicembre, del manuale sulla Dottrina Cattolica che Caramuel pubblicò nel 1674, subito dopo essere arrivato a Vigevano, come Vescovo della città. La sorpresa è che questo libro non è il solo testo in lingua italiana presente nel Fondo. Vi si trovano infatti alcuni interessanti manoscritti, che ci testimoniano l’ampio ventaglio di interessi del nostro Vescovo. In particolare ce n’è uno che ci mostra l’importante rapporto di Caramuel con la storia, e come non abbia mai dimenticato la Spagna, la sua terra d’origine.
Con un personaggio in speciale modo il Vescovo scrittore aveva instaurato un legame di stima e fiducia reciproca, che anche in Italia era continuato: il principe Juan Josè de Austria (1629-1679). Quest’ultimo, il cui nome era italianizzato in don Giovanni d’Austria, era figlio del grande sovrano Filippo IV, ma non nato dal suo matrimonio con la principessa Maria Anna d’Austria, bensì dal suo legame extramatrimoniale con l’attrice Maria Calderòn, allora celebre. Era quindi fratellastro di Carlo, che sarebbe salito al trono di Spagna con il nome di Carlo II, diventando l’ultimo re della dinastia Asburgo di Spagna. Il gracile re cercò spesso l’aiuto del potente fratellastro Giovanni (già molto stimato dal re padre, che gli aveva affidato importanti incarichi militari), anche per sfuggire al controllo della madre, Maria Anna d’Austria, alla quale era stato affidato il regno perché Carlo aveva solo quattro anni alla morte di Filippo, avvenuta nel 1665.
Juan Caramuel era molto apprezzato da don Giovanni, che amava i suoi libri e ammirava la sua profonda cultura. A sua volta, Caramuel apprezzava l’intelligenza e la politica culturale del principe, e cercava di diffonderla anche in Italia. A questo legame di amicizia e stima reciproca si deve probabilmente il testo che si trova nel Fondo Caramuel di Vigevano: si intitola Discorso della Speranza e del Tempo, ed è un dialogo allegorico in cui i due protagonisti, la fragile Speranza e il solido e saggio Tempo, discutono sulle miserie della monarchia di Spagna, che viveva nel secondo Seicento una fase di grave decadenza. Ha qui un ruolo di rilievo un personaggio dipinto come un Sole radioso che illumina la malata Spagna, chiamato sempre «Sua Altezza», senza mai farne il nome: è evidente che si tratta proprio di don Giovanni d’Austria. Speranza lo attacca, riportando le feroci critiche contro di lui, e Tempo lo difende con passione, smontando le accuse e dimostrando la loro infondatezza e la loro origine meschina: gli interessi personali dell’aristocrazia. Il Dialogo diventa dunque un’apologia delle scelte politiche del principe, oltre a essere una riflessione sulle debolezze umane, che nella storia, antica e moderna, ricorrono ciclicamente. Se ne può leggere la trascrizione fedele nel volume da me curato Caramuel Vescovo eclettico, (Moretti & Vitali 2016).