L’arte dello speziale è un arte arcaica. A partire già dalla Roma antica i viaggi dedicati alla ricerca di nuove droghe erano numerosi. La scoperta nel corso del tempo di nuove terre fece sì che l’arte della farmacia conoscesse nuove tecniche e nuovi ingredienti. Le droghe: sostanze di origine vegetale, animale o minerale erano adoperate nelle spezierie per preparare e vendere medicinali ad uso degli ammalati. L’arte della spezieria, oggi comunemente chiamata farmacia, intesa come mestiere comincia pian piano a differenziarsi dall’arte medica e ad esser considerata una disciplina a parte anche all’interno dei percorsi di studi universitari.
Le prime spezierie, risalenti al 1300, erano luoghi poveri ed essenziali che nel corso del tempo assunsero invece un certo fascino dovuto alle ricche scaffalature e ai banchi intarsiati con cui venivano arredate. Preme sottolineare che fino al 1600 la concezione che si aveva della malattia era molto diversa rispetto a quella odierna.
La convinzione era che il corpo umano fosse pervaso da umori che “corrompevano” e causavano l’insorgere della malattia. Le cure consistevano in massicci salassi esercitati dagli antenati dei chirurghi: i flebotomi. Venivano inoltre somministrate “disgustose” pozioni composte da costosi ingredienti con lo scopo di purgare il corpo dai cosiddetti umori.
Carlo Cipolla, storico e accademico italiano del XX secolo, sosteneva che paradossalmente erano i poveri in fondo a star meglio dato che molte cure erano, per motivi di costi, a loro inaccessibili.
L’affermazione definitiva del metodo sperimentale e gli enormi passi avanti fatti nel campo dell’anatomia nel XVII secolo permisero una prima razionalizzazione della medicina; si dovette aspettare però la metà dell’ottocento prima di chiarire i processi evolutivi delle malattie e dunque adottare terapie più opportune.
Col tempo anche la popolazione comprese e superò i vecchi pregiudizi e nel 1892 venne pubblicata la prima farmacopea dello Stato italiano e con essa iniziò il riconoscimento dei medicinali ritenuti efficaci dalla scienza, ponendo così un argine alla libertà nel vendere e somministrare cure e terapie fantasiose.
Dopo una prima introduzione su ciò che era l’arte della farmacia, parleremo delle prime farmacie e dell’arte della spezieria nella nostra città. A Vigevano già a partire dai primi decenni del trecento si sentì la necessità di un pubblico ricovero per gli infermi. Il Comune, durante secolo successivo, deliberò di stipendiare un “dottore fisico” per la cura gratuita dei poveri della città. L’obiettivo era quello di sfuggire ai metodi nebulosi e confusi che caratterizzavano la medicina dell’epoca. Per la preparazione dei medicinali si profilò invece la figura del cosiddetto pharmacopòla che componeva e vendeva l’utilia medicamenta nella sua bottega, detta spetiaria.
Gian Francesco Garrone nel 1614 istituì erede universale dei suoi averi l’antica Compagnia dell’Immacolata Concezione. Essa fu delegata ad erigere una spezieria per la somministrazione gratuita dei medicinali ai poveri, agli ospedali e alle Case Religiose.
Nel 1627 nell’attuale Piazza San Francesco venne aperta la Speciaria de la Conception; per celebrare l’avvenimento la chiesa di S. Francesco eresse una targa in marmo bianco proprio sulla porta d’entrata dell’antica farmacia, oggi sistemata nell’atrio dell’Ospedale Civile.
Nel settembre del 1769 la spezieria fu trasferita all’ospedale del Santissimo Sacramento, sede dell’attuale Comune. Girolamo Ferrari, farmacista-capo della Spezieria della Carità, scrisse il prezioso volume “Farmacopea eclettica” all’interno del quale vi era un’accurata descrizione della Farmacia della Concezione quando essa si situava all’interno dell’ospedale del Santissimo Sacramento. Da alcune mappe presenti nel nostro archivio è possibile indicare con precisione quale posizione occupassero le officine dell’arte salutare all’interno dell’ospedale. Ferrari le descriveva posizionandole al piano terra dell’edificio, dove oggi ha sede l’asilo nido Pollicino; in un luogo asciutto e ventilato, vicino a una bottega e un cortile, provviste di tutte le comodità, come fornelli e acqua corrente.
La farmacia voluta da Garrone, nonostante vari ostacoli, riuscì ad operare per oltre due secoli. Il problema fondamentale fu comprendere chi fossero gli aventi diritto a fruire gratuitamente della farmacia di carità.
Nel 1905 la Commissione dell’Ospedale Maggiore mosse i primi passi verso quella che noi oggi conosciamo come sanità pubblica; ogni parrocchia ebbe il compito di vagliare le richieste di ammissione dei soggetti aventi diritto.
Il numero di beneficiari registrati nel 1908 arrivò a 18000 su 28000; l’alto numero era dovuto sicuramente al fenomeno di forte espansione della città che richiamava quindi la classe indigente dei paesi circostanti.
Verso gli inizi dell’ottocento anche i privati iniziarono ad aprire delle piccole farmacie in Vigevano. Oggi per le vie del nostro centro storico rimane qualche testimonianza del passaggio di questi affascinanti luoghi dedicati all’arte della salute. Uno di questi è la farmacia Nagari in Via del Popolo, aperta nel 1854 da Raffaele Ferrari, figlio del benemerito concittadino Gerolamo Ferrari capo-farmacista della spezieria della concezione. Possiamo ancora oggi ammirare la bellissima originaria porta d’entrata ad angolo tra via del Popolo e la Contrada della Maddalena (via S. del Pozzo).
I documenti relativi all’arte della farmacia nel nostro archivio sono numerosi e a dir poco curiosi. Vi si possono rinvenire carte con antiche ricette che oggi considereremmo bizzarre e fuori dal tempo. All’interno di un faldone dell’antico ospedale è stato ritrovato un catalogo risalente al 1811, contenente tutte le droghe che la farmacia della Carità dispensava ai poveri del comune e dell’ospedale. Gli ingredienti utilizzati erano per lo più di origine naturale, come piante e oli; numerose le ricette contenenti oppio e cocaina. A tal proposito un documento datato 1926 registra la concessione gratuita di stupefacenti, 50 grammi di cocaina, da parte dell’ufficio sanitario della prefettura di Pavia nei confronti della farmacia dell’ospedale sito in Vigevano. Mentre in un formulario farmaceutico del 1902 è contenuta la ricetta dell’antico sostituto della morfina: il laudano liquido contenete oppio, zafferano, cannella e alcool.
Rubrica curata dall’Archivio Storico di Vigevano