Non è possibile stabilire con certezza la data in cui fu eretta la chiesa, ma sicuramente è una delle più antiche di Vigevano : dai pochi documenti che ne parlano, possiamo ricavare solo qualche notizia che ci consente di ricostruirne la cronologia, ma solo a partire dal XIV secolo.
Infatti, troviamo la chiesa di s. Giorgio in Strata censita nell’Estimo delle Chiese della diocesi novarese del 1334; troviamo un’ulteriore conferma della sua esistenza in un documento del 1347 relativo alla demolizione, per ordine di Luchino Visconti, di una casa vicina alla chiesa stessa.
Citazioni della chiesa si trovano anche in un atto notarile del 1471 e nel libro dell’Estimo di Simone del Pozzo del 1535. Nel 1669 lo storico Carlo Brambilla ipotizza l’esistenza della chiesa fin dall’anno 1090.
Nel 1905 lo storico vigevanese Alessandro Colombo, comparando le fonti documentarie disponibili con gli aspetti architettonici e stilistici dell’edificio, rileva che questi ultimi rimandano visibilmente ai primi tempi dell’arte lombarda, ma non ne condivide la datazione all’XI secolo: fa risalire invece la costruzione della chiesa al XV secolo , sostenendo che lo stile primitivo è stato volutamente riprodotto, forse a ricordo di una preesistente chiesa di s. Giorgio, citata in alcuni documenti, ma di ignota ubicazione.
Nel 1983, la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali della Lombardia ribadisce che la chiesa di s. Giorgio costituisce la più antica costruzione religiosa tuttora esistente in Vigevano, pur ammettendo che esistono controversie da parte degli storici; in merito alla ipotesi secondo cui venne costruita attorno al 1330, dopo che venne abbattuta la chiesa omonima che esisteva nel Castello, osserva che, se così fosse, la chiesa dovrebbe evidenziare l’influenza stilistica di quel periodo, cosa che non è. Quindi, la stessa Soprintendenza ritiene piuttosto valida la tesi del Brambilla che ne fa risalire l’origine all’XI secolo.
Prescindendo dalle controversie sulla sua datazione, la chiesa di s. Giorgio in Strata è rimasta come un piccolo gioiello incastonato tra le case di quella Via Strata ( ossia lastricata) che anticamente portava al castello costeggiando il borgo medioevale ( oggi via Cairoli).
La facciata a capanna è in mattoni, con un unico elemento decorativo costituito da una leggiadra centina in cotto che segue la linea di gronda, formata da due serie di mattoni sporgenti ed alternati. Due paraste ne scandiscono la superficie e la parasta di sinistra si eleva sino a formare un piccolo campanile a vela. Sopra una lunetta cieca si apre una finestra circolare fiancheggiata da due monofore ad arco, strombate verso l’interno. Il piccolo portale a cassettoni, realizzato nel 1927, è in quercia di Slavonia ed è opera del prof. Luigi Barni.
Recentemente, nel giugno del 2002, la facciata è stata restaurata; infatti, data la presenza di alcuni avanzi di intonaco, probabilmente di un brutto restauro settecentesco, si è pensato di ricoprire tutta la facciata con uno strato leggero di intonaco camuffato, per dare l’impressione dell’antico, con una punta di tinta avorio; ma sarebbe stato meglio riportare la facciata allo stato primitivo, con mattoni a vista.
L’interno è a una navata che termina in un’abside semicircolare coperta da una volta a catino. Con la costruzione dell’altare barocco e il rialzo di una parte del pavimento, l’abside ha assunto la funzione di coro e di sagrestia; ha riacquistato la funzione originaria solo dopo il restauro del 1967.
Sopra l’altare esisteva una pala raffigurante il martirio di s. Giorgio e dell’Imperatrice Alessandra, rimossa e oggi visibile presso il Museo del Tesoro del Duomo.
Anche la navata come la vediamo oggi è il risultato di vari restauri, specie quello del Settecento, che cambiò il soffitto sostituendo le preesistenti capriate in legno con archi sorretti da lesene; sui muri stanno riaffiorando dalla patina di tempera bianca alcune pitture con soggetti floreali.
Nel 1967, dal prof. Bonzanini venne effettuato un altro restauro: fu sostituito l’altare settecentesco con uno moderno, sistemato il tetto, rifatto il pavimento con mattonelle in cotto e chiuso il lucernario che qualche restauro precedente aveva ricavato nel catino dell’abside e che in origine non c’era.
L’unico dipinto tuttora conservato all’interno della chiesa è un affresco sulla parete di destra, che raffigura s. Giorgio su un cavallo bianco mentre colpisce con la lancia un drago dal dorso di testuggine; la principessa Alessandra osserva la scena con aria impaurita. Anche la datazione dell’affresco è controversa : secondo alcuni autori è databile intorno al XIII secolo e, secondo altri , al XIV secolo. Presenta linee molto essenziali, piuttosto primitive, forse eseguito da un artista locale. Il pittore non conosce ancora la prospettiva, le figure sono situate su un unico piano, pur presentando una certa ricerca di eleganza nell’abito della principessa. La figura di s. Giorgio in origine era proporzionata al cavallo, ma nel corso dell’intervento di epoca settecentesca è stata ritoccata e ingrandita, cosicchè oggi, scoloriti i colori, abbiamo un s. Giorgio non solo di dimensioni sproporzionate, ma addirittura con due teste. L’ultimo restauro dell’affresco risale al 1969.
Rimasta a lungo chiusa, la chiesa di s. Giorgio in Strata fu riaperta al pubblico nel 1996, grazie alla collaborazione fra la Curia Vigevanese e il Gruppo Promotore di Italia Nostra, che inizia la sua attività di gestione e di conservazione dei monumenti a Vigevano proprio con la gestione e l’uso culturale della chiesetta.
Per la cronaca, s. Giorgio è stata sino agli anni Settanta luogo di preghiera mattutina per molti studenti del Liceo Cairoli e dell’Istituto Castoldi ( entrambe le scuole sono situate in via Cairoli), in cerca di protezione per i compiti e le interrogazioni della giornata: anche le verifiche scolastiche sono per i ragazzi draghi da combattere e l’intercessione di s. Giorgio è la più indicata.
CHI E’ SAN GIORGIO ?
Giorgio, santo vissuto nel III secolo, è tra i santi più venerati in Oriente e in Occidente.
Giorgio nacque intorno al 280 d.C. probabilmente a Lydda, in Siria, da genitori cristiani e di stirpe nobile, che lo educarono cristianamente sino alla sua partenza per il servizio militare. Fece carriera nell’esercito , divenne tribuno e fu ammesso a far parte della milizia speciale dell’imperatore Diocleziano.
La leggenda più nota, narrata da Jacopo da Varagine (XIII sec.) nella sua “Legenda Aurea”, tramanda che Giorgio uccise, in nome di Cristo, un drago che minacciava la città di Silene in Libia. Si narra che qui c’era un grande stagno dove si nascondeva un drago che, avvicinandosi alla città, uccideva col suo fiato infuocato tutte le persone che incontrava. Gli abitanti gli offrivano per placarlo due pecore al giorno, ma quando queste cominciarono a scarseggiare furono costretti ad offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte. Un giorno fu estratta la giovane figlia del re; questi, terrorizzato, offrì il suo patrimonio per trovare un sostituto, ma nessuno accettò e la giovane fu condotta allo stagno per essere offerta al drago. In quel momento passò di lì il giovane cavaliere Giorgio il quale, saputo dell’imminente sacrificio, si offrì di salvare la principessa. Quando il drago uscì dall’acqua sprizzando fiamme dalle narici, Giorgio lo affrontò e lo trafisse con la sua lancia. Dopo questo fatto, tutta la popolazione si convertì alla fede di Cristo.
Quando nel 303 l’imperatore Diocleziano ordinò la persecuzione contro i cristiani, pur apprezzando il valore di Giorgio, non esitò a farlo imprigionare e torturare. In carcere ebbe una visione di Dio che gli predisse sette anni di tormenti, tre volte la morte e tre la resurrezione. Tagliato in due con una ruota piena di spade, Giorgio risuscitò operando la conversione del generale Anatolio e di tutti i suoi soldati; convertì anche la principessa Alessandra, che fu in seguito martirizzata. Dopo altri miracoli, portato per l’ennesima volta davanti al tribunale, Giorgio lasciò tutti i suoi beni ai poveri e, ribadendo la sua fede, rifiutò di fare sacrifici agli dei. Per questo fu condannato a morte e subì il martirio per mezzo di decapitazione.
Il nome di s. Giorgio martire entrò subito nella liturgia greca, copta, etiopica e siriaca; nella Chiesa d’Occidente entrò più tardi : nel 683 a Roma venne edificata la basilica di s. Giorgio al Velabro.Divenne il protettore dell’Inghilterra, della Georgia, della Catalogna, della città di Genova; nel XX secolo divenne il protettore anche dei soldati a cavallo e dei boy-scout. Il culto di questo santo è molto diffuso, anche perché dal medioevo in poi è l’icona della vittoria del bene sul male. La sua festa cade il 23 aprile.