Nel primo centenario della canonizzazione di s. Carlo Borromeo un gruppo di sacerdoti fondò la congregazione di s. Carlo, approvata da Mons. Archinto (Vescovo di Vigevano) nel 1710, con l’obbligo di pratiche liturgiche e spirituali tra confratelli: la congregazione fece capo prima alla chiesa di s. Rocco (ora distrutta), poi a quella di s. Maria della Neve fino al 1736, anno in cui fu solennemente inaugurata l’attuale chiesa di s. Carlo.
Iniziata nel 1724, l’ampia e luminosa chiesa,, come la definisce Padre Pianzola nelle sue “Memorie”, fu terminata nel 1736.
Di poco posteriore ad altre chiese cittadine ancora prettamente barocche, la chiesa di s. Carlo presenta già una composta regolarità neoclassica.
L’interno a navata unica con quattro altari laterali, fu restaurato e decorato nel secolo scorso dal pittore vigevanese G.B. Garberini (Vigevano,1819-1895) autore di numerosi affreschi in moltissime chiese non solo a Vigevano.
La chiesa di s.Carlo testimonia al suo interno successivi momenti della pittura di questo artista; la pala dell’altare di s.Luigi è una probabile opera giovanile in cui già si notano la dolcezza delle figure e la tavolozza tipica del pittore; le medesime caratteristiche si manifestano in pieno nella tela del coro, espressione dell’ esuberante maturità artistica del pittore: i colori pastosi e caldi della veste di s.Carlo stagliano con effetti di forte chiaroscuro e grande plasticità la figura genuflessa del Santo, ai piedi di una dolce immagine diafana del Cristo, sullo sfondo una visione della città di Vigevano.
I grandi affreschi sulle pareti misurano m. 4,50 x 3,35 e raffigurano episodi della vita di S. Carlo Borromeo; datati 1893 rappresentano una delle ultime opere di Garberini (il pittore mancò nel 1895). Le sue eccellenti doti di disegnatore gli permettono ancora di esprimere qui una notevole grazia compositiva, anche se le figure sono diventate più rigide ed i passaggi chiaroscurali più pesanti; questi affreschi, nella cui composizione fu probabilmente aiutato da allievi, testimoniano la sua instancabile attività e la stima e l’affetto dei vigevanesi che gli affidarono la decorazione delle loro chiese fin negli ultimi anni della sua lunga vita.
La chiesa di s.Carlo conserva inoltre parecchi dipinti provenienti dal soppresso convento di s. Pietro Martire ed è ricca di arredi, opere di oreficeria e di ebanisteria, in massima parte pregevoli lavori dalle linee eleganti e di preziosi paramenti dai gradevoli e raffinati effetti cromatici.
All’interno della chiesa di s. Carlo, nelle immediate vicinanze della portone d’ingresso, è custodito, entro una nicchia architettonica, un’interessante scultura lignea che rappresenta Cristo in croce con ai piedi i dolenti.
Sulla croce, in posizione leggermente simmetrica è scolpita l’immagine di Gesù, con l’espressione sofferente di un uomo rappresentato al momento più angoscioso tra la vita e la morte, con il capo è reclinato sulla spalla di destra, in una posa bloccata che, attraverso la resa plastica della muscolatura, evoca le contrazioni dell’agonia.
Nella scultura del corpo sono messi in risalto gli elementi del costato e l’articolazione dei muscoli, ben delineati da scolpiture precise, con contorni netti e morbidi.
Il perizonium è drappeggiato ed annodato a sinistra attraverso un disegno descritto con molta accuratezza, con numerose pieghe disposte ritmicamente.
La scultura, nel patetismo di alcuni elementi, come il ventre irrigidito dalle contrazioni muscolari dello spasimo e le profonde pieghe di dolore del viso, testimonia all’osservatore tutta la sofferenza di Cristo.
Il pathos del volto, che staglia contro la semplice croce, è caratterizzato dagli occhi socchiusi, con le palpebre superiori lievemente abbassate, con zigomi accentuati e la bocca disperatamente aperta in un ultimo sospiro di vita. Questi dettagli stilistici appaiono più evidenziati rispetto al patetismo del corpo, che forma una linea leggermente arcuata e che attraversa la croce in senso longitudinale, collegandosi con lo schema strutturale delle braccia ad andamento orizzontale. Si ritiene che la statua, di notevole esecuzione, sia da iscrivere entro e non oltre l’ultimo trentennio del XVI sec. Numerose analogie stilistiche portano a supporre che l’ispirazione dell’opera sia da ricercarsi nel nord estremo della Francia orientale lungo i confini fiamminghi, anche e non solo per le analogie con il Gian Bologna (nativo d’Anversa), ma principalmente per esemplari coevi custoditi sempre nel nord dell’Europa.
Ai piedi della croce è collocata la statua della Madonna, orientata verso il figlio e ricoperta dal velo. La sua sofferenza fisica è espressa simbolicamente dalla mani giunte in segno di cordoglio e al contempo di preghiera. A destra è collocata la statua S.Giovanni, il prediletto di Cristo e testimone degli eventi sacri. L’iconografia lo rappresenta con la mano destra al petto, in segno di profonda fedeltà, mentre la sinistra, con il palmo spalancato, lo ritrae irrigidito per la morte del Cristo e impotente di fronte agli eventi.
La lettura della statua della Madonna unitamente a quella di s.Giovanni appare oggi alquanto ingannevole, poiché entrambe le sculture potrebbero essere opere molto antecedenti al Cristo, con probabili ridipinture che rendono le due statue più difficilmente collocabili dal punto di vista cronologico.